Ussita: così ricordo la mia “piccola Svizzera” distrutta dal sisma
Due ore e mezzo in macchina da Roma. Ussita è lì. Superi Terni e improvvisamente ti rilassi. Perché da lì inizia la Valnerina. Cominci con la cascata della Marmore, tra le più alte d’Europa. Poi una strada bellissima, una delle preferite – non a caso – dai motociclisti. Due corsie, curve, verde ai lati, le montagne davanti, l’esplosione dei colori.
Il padre di mio nonno è nato qui. Mia madre negli anni ’50 ci metteva 7 ore per arrivare, perché la strada non era asfaltata. Il padre di mio nonno è nato a Ussita. Noi lì abbiamo casa e lì abbiamo passato ogni estate e quasi tutti gli inverni.
Ussita la conosco prima che dai miei ricordi, da quelli di famiglia.
Lì si scia: sul filo della memoria. La “Piccola Svizzera”, mi hanno ripetuto per anni con quell’orgoglio delle origini. Perché lì si scia. Per raggiungere la seggiovia di Frontignano, sono 15 minuti. Piste facili, tranne una: il canalone, ripidissimo. Che ho fatto solo in estate, a piedi.
Ussita è piccola: una piazza principale con il bar centrale dove si vendono giornali, libri e fumetti; la chiesa, ovviamente, con le sue processioni.
Due parchi, il cinema (aperto solo a luglio e agosto). C’è il ferramenta, dove trovare anche i giochi per i bambini. Due parchi (in uno c’è il minigolf), il cinema (aperto solo luglio e agosto), la farmacia e il tabacchi, dove puoi comprare anche il bagnoschiuma. C’è la sede del Comune e una strada che collega le frazioni più piccole: Pieve, Vallazza, Tempori, e le altre. È ai piedi del Bove. Un monte che al tramonto si tinge di rosa, completamente.
“Ma che fai per tre mesi a Ussita”? Mi chiedevano i miei amici di città quando eravamo al liceo. Facile: passavamo luglio e agosto tra ping pong e biliardino, tra una sala giochi (da qualche anno non c’è più) e i tavoli del parco Ruggeri a giocare a carte.
Andavamo a Visso, che è a quattro chilometri e mezzo di distanza, uno dei Borghi più belli d’Italia e Bandiera Arancione certificata dal Touring Club Italiano (questo quando andavo al liceo non lo sapevo). Lì c’è “Il Laghetto”, punto di ritrovo dei giovani del posto.
E il bar Sibilla (tra i più fotografati adesso con il terremoto, la casa sopra è crollata). Tra i più fotografati anche in ogni mia estate, dato che fanno paste e cioccolate eccezionali. C’è il lago, vicino Ussita, artificiale e suggestivo. È a Fiastra, mezz’ora di macchina, circondato da montagne. Con il tempo giusto l’acqua diventa verde e azzurra, come gli alberi e il cielo che lo circondano. Ci si arriva passando per il santuario di Macereto (che ha resistito alle scosse più forti, la meta preferita per i pic nic dei turisti) e Cupi (tra le mie, di mete preferite, dato che ci sono due agriturismi eccezionali).
Dalle foto di questi giorni non si vede e forse non si sa, ma Ussita è anche un posto per chi ama lo sport: ci sono campi da calcio e tennis; e c’è un grande palaghiaccio, una pista per pattinare omologata per le gare di hockey. C’è anche una piscina, coperta, e un solarium per prendere il sole fuori. C’è un maneggio, dove quest’estate le mie nipoti sono andate per la prima volta a cavallo. E la bici, quello sì. Avevamo tutti la bici. Il mio edicolante di Roma, che è uno appassionato da anni, quest’estate si è fatto un giro al Fargno passando per il lago di Fiastra. C’è stato una sola volta e si è innamorato. Mi ha chiamato (mai fatto in 15 anni che lo conosco) dopo il terremoto per avere notizie del posto. A Ussita si mangia, anche. Nel senso che si mangia bene. Ci sono i pastori, le capre e le vacche, circondati dagli immancabili maremmani.
C’è la ricotta appena fatta da mettere nel caffè e c’è il ciauscolo, un insaccato morbido, da spalmare, realizzato con la carne di maiale. C’è l’amaro Sibilla, fatto con le erbe e imprescindibile in ogni tavola.
La montagna e le passeggiate, che con Ussita si pronunciano in una parola sola, tutto attaccato, per me sono arrivate con l’età della ragione. (altro…)
novembre 3, 2016 at 4:10 pm | Articoli, Megafono aperto | No comment
Favole da tutto il mondo
MAMMA QUANTE STORIE! Favole in ambulatorio, in treno e in piazza nasce dall’esperimento di Andrea Satta, pediatra di base nella periferia di Roma e cantante dei Têtes de Bois, che da circa sette anni, una volta al mese, organizza ‘la giornata delle favole’, chiedendo alle mamme di tutte le nazionalità di raccontare la fiaba con cui si addormentavano da piccole. Una comunità di quasi mille bambini, molti stranieri, oltre trenta i Paesi di origine, un presidio culturale, un confronto di culture necessario che combatte i pregiudizi e favorisce le relazioni umane.
Un viaggio modernissimo, un libro di favole impreziosito dalle illustrazioni di Sergio Staino e dal fumetto di Fabio Magnasciutti che, seguendo lo stile del graphic novel, narra l’esperimento di Andrea nel suo ambulatorio, anzi nel suo ‘ambu’, come lo chiamano spesso i protagonisti del fumetto.
Il racconto orale e il tempo dell’ascolto sono patrimoni dell’uomo che affondano le loro radici in tutti i Paesi del mondo. L’unica scommessa da vincere, l’unica possibilità è conoscersi, è condividere la cultura degli altri in un reciproco scambio.
Il volume, il cui ricavato andrà a sostegno delle attività della Biblioteca Comunale di Lampedusa, fa parte del progetto Ti Leggo dell’Istituto della Enciclopedia Italiana, un progetto realizzato seguendo le indicazioni del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo per cercare di sviluppare un’efficace diffusione e promozione del libro e della lettura attraverso la realizzazione di una rassegna di iniziative culturali nel territorio nazionale. Il fine è infatti quello di valorizzare tutte le forme della lettura nel loro contesto sociale e nelle loro differenti pratiche di distribuzione e consumo.
Tra le tante bellissime favole di questo libro ne abbiamo scelta una, LA GIRAFFA VANITOSA di Nadia Kadiatou., che vive in Italia dal 1995 ed è originaria del Burkina Faso. Ve la proponiamo qui… sperando che vi invogli a scoprire tutte le altre. (altro…)
ottobre 10, 2016 at 10:46 am | petit | No comment
Daniele ci costringe ad essere Acrobati
Con Daniele, oggi, c’è un rapporto che va oltre la semplice stima professionale, ma ricordo quando, a Dicembre, mi giunse la telefonata per affidarmi il videoclip per il suo ritorno da solista dopo cinque anni. Quasi non ci credevo. Poco tempo per realizzare il video di uno dei miei artisti preferiti. Uno con cui ho davvero tante “cose in comune” .
Per il video di “Quali Alibi” c’era l’idea, così come succedeva nella canzone, di giocare con le parole. I lirycs video sono una mia specialità, per questo e per il fatto che Daniele si è dimostrato davvero un buon attore, ero abbastanza tranquillo sul fatto che sarebbe venuto fuori un bel lavoro. Un mese dopo esce l’album “Acrobati”.
I ritornelli orecchiabili servono, quando si ascolta una canzone le prime volte, ad appoggiarsi per non perdersi. In questo album, invece, Daniele ci costringe ad essere acrobati. Poche concessioni all’easy listening ma onestà (anche nei suoni degli strumenti) e passione in abbondanza. Una maturità nuova e l’esperienza che gli permette di sapere fin dove può spingerci senza farci cadere. E come funamboli, dopo i primi timorosi passi, cominciamo a godere delle altezze e della vertigine di sensazioni. La canzone che dà il titolo all’album è l’esempio più chiaro di questi concetti.
Un brano lungo, con una struttura che non emerge immediatamente e un testo che esprime un pensiero complesso. Con questi presupposti come è possibile che questa canzone sia anche così leggera e naturale? Questo mi chiedevo mentre cercavo un’ idea per il video di “Acrobati”. Poi, provando a spiegare in una parola ai miei collaboratori quale sarebbe stato il mood del filmato, ho capito e ho detto: “Sospesi”. Questa era la sensazione che avevo ascoltando il brano e che lo rendeva lieve e seducente e questa sarebbe stata la sensazione sulla quale lavorare per il video. Tecnicamente lo abbiamo realizzato grazie ad una fotografia suggestiva dagli sfondi appena percepiti e la cinepresa ondeggiante mai ferma. La luce avrebbe creato un’ atmosfera soffusa e dilatata, nella quale si sarebbero mosse le silhouette degli acrobati. Il montaggio, contrariamente al mio solito ritmo frenetico, sarebbe stato delicato e rilassato. Sulla storia da raccontare Daniele ed io ci siamo subito trovati d’accordo.
Gli acrobati siamo tutti noi quando dobbiamo mantenere l’equilibrio nel prendere una decisione difficile oppure quando dobbiamo andare avanti superando le difficoltà della vita o ancora quando, come giocolieri , gestiamo i mille impegni di ogni giorno. (altro…)
maggio 20, 2016 at 4:01 pm | petit | No comment
UNA SERIE DI PICCOLE MAGIE
Più che una serie di acrobazie, è stata una lunga serie di piccole magie e combinazioni fortunate a mettermi in mano la canzone che poi avrebbe dato il titolo a questo nuovo album.
Era l’inizio del luglio scorso (2015) quando io e un gruppetto di musicisti agguerriti entravamo in uno studio di registrazione a Lecce, il Posada Negro Studios di Roy Paci, per passare insieme tre giorni di pura libertà creativa. Avevo con me un telefono con la memoria piena di appunti musicali o di testo registrati al volo nei mesi precedenti. (altro…)
maggio 6, 2016 at 7:48 am | Editoriali | No comment